«Una sentenza aberrante. È arrivata l'ora che questi giudici si trasferiscano in Marocco, dove potranno assaporare le virtù del sistema giudiziario marocchino», ha dichiarato il solito Matteo Salvini ha proposito della decisione del Tribunale del Lavoro di sanzionare l'Atm che ha rifiutato la domanda di lavoro di un marocchino perché il regio decreto (del 1931 e quindi dell'epoca fascista!) che sanciva che potessero essere impiegati nell'azienda solo cittadini italiani o europei.
Non contento ha anche affermato che «a Milano i mezzi pubblici dovranno essere guidati solo da cittadini italiani. Chiamerò immediatamente Catania perchè Milano e i milanesi siano rispettati e tutelati e gli fornirò centinaia di curricula di aspiranti autisti lombardi».
Ma no, non è razzismo. Lo dice il capodelegazione della Lega Nord in giunta regionale lombarda, Davide Boni. «Ancora una volta su questoepisodio c'è la volontá da parte di qualcuno di montare un caso politico ad arte che voglia fare passare l'azienda di trasportimilanese come razzista, quando in realtá c'è stata solo una semplice applicazione dei regolamenti vigenti per le assunzioni». Certo, un regolamento del 1931.
«Mentre diamo sponda a chi vorrebbe di fatto aprire corsie preferenziali a tutti, svendendo e sminuendo tutto, perfino il valore della cittadinanza italiana -ha commentato Boni- ci sono tante altre persone, come gli over 40 che, avendo la sfortuna di essere nati in questo Paese, edessendo quindi italiani a tutti gli effetti, rischiano di non trovare più un altro impiego».
«L'unico rammarico è che casi di questo tipo svendono di fatto in maniera ancora più inquietante i valori fondanti del nostro Paese, - sostiene l'esponente leghista- facendo sì che l'Italia imbocchi una pericolosa strada del "non ritorno", dove il valore della propria identità viene visto da alcuni più come un difetto che come un elemento da tutelare».
«Il razzismo e la discriminazione non hanno nulla a che vedere con un caso montato ad arte da chi voleva fare scalpore e mettere in difficoltá l'azienda milanese, il Comune stesso e tutti i lavoratori italiani. Se un persona ci tenesse davvero alla terra in cui vive invece di andare da un legale avrebbe giá richiesto da un pezzo la cittadinanza italiana», conclude Boni, come se la cittadinanza, dopo tutte le leggi che il suo partito ha fatto, la si potesse acquisire come un caffè al bar.
martedì 21 luglio 2009
Di nuovo su Salvini, Milano, i trasporti pubblici e gli immigrati
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